Mamma Viola


Quando ero ragazzo ho avuto il privilegio e l'onore di aver conosciuto Violante Bertoni per cui mi sento di dover esprimere un mio piccolo pensiero. Ho un bellissimo ricordo di Lei, ho potuto farle qualche piccolo servizio con grande piacere. Aveva per me una certa simpatia e mi guardava con un occhio di riguardo e tanta stima benché fossi ragazzo e quando aveva bisogno di un piccolo favore glielo facevo volentieri, mi chiamava dicendomi < bimbo c'è quel bolgetto pronto, quando ne hai voglia ... non la facevo neppure terminare la frase che avevo già capito cosa voleva >. Diverse volte mi ha portato con Lei All'Alpe di S. Antonio, a Foce al Piglionico in occasione della commemorazione dei caduti del gruppo Valanga a cui era molto legata. Con noi c'era il nostro comune amico Barsanti Armando che con la sua Fiat millecento ci faceva da autista. Finita la cerimonia religiosa si andava poi in località Trescala dove era la casa in cui aveva vissuto con la sua famiglia, una fugace visita atta a rinfrescare la memoria colma di bei ricordi e purtroppo anche di quelli bruttissimi dovuti alla guerra. La ricordo con quel suo fazzoletto nero che teneva costantemente sulla testa e quel suo camminare lento ma sicuro di donna abituata alla montagna quando saliva su all'Orzale. Spero che questo mio pensiero la faccia felice e gli strappi un sorriso lassù fra gli angeli e così saprà che quel < bimbo > come diceva Lei non l'ha dimenticata.

Longaron Umberto




Mamma Viola: una donna tenace, coraggiosa e generosa

Estratto dal lavoro di Carla Guidi - Classe 5B Liceo scientifico "Michelangelo" - Forte dei Marmi (LU)


Img2 (...) Violante nasce il 10 aprile 1891 da una famiglia contadina, trascorre tutta la vita in un paesino in località Monte Rovaio all’Alpe di Sant’Antonio, a Molazzana in provincia di Lucca.
Img2 Si sposa con Francesco Mori nel 1908 e dal matrimonio nascono otto figli: Maria Domenica, Luigi, Giorgina, Nella, Alfredo, Anna, Alda e Alfreda. Le montagne dove sorge Molazzana e la frazione di residenza della famiglia Mori sono vicine alla Linea Gotica. Quest’opera di fortificazione - costruita a partire da cantieri dislocati in posizioni diverse, alcuni vicino a Isola Santa, altri a Gorfigliano e a Fornovolasco - rappresentava per i tedeschi un mezzo di controllo del territorio e una linea difensiva contro l’avanzata alleata da sud. La presenza massiccia di soldati tedeschi in quelle zone ha come conseguenza la concentrazione di formazioni partigiane particolarmente combattive a presidio di quel territorio. Img2 L’intera area era destinata a diventare cruciale nello sviluppo del conflitto, soprattutto subito dopo la liberazione di Roma, quando la Linea Gotica e le altre fortificazioni divennero essenziali e strategiche per i tedeschi che, cercando di limitare l’azione dei partigiani in quel territorio, iniziarono un’intensa campagna di rastrellamenti. E’ in questo contesto che viene a crearsi un movimento di raccolta di giovani partigiani animati dalla ferma volontà di opporsi al nemico, anche se sprovvisti inizialmente di mezzi e di una connotazione organizzativa. Qui si forma il Gruppo Valanga, subito dopo l’8 settembre del 1943, sotto la guida di Leandro Puccetti, giovane studente universitario di Medicina, e di Mario De Maria che, alla morte del comandante, ne prenderà il posto. Il gruppo aveva collegamenti con l’XI Zona, altra formazione partigiana, guidata da Manrico Ducceschi, conosciuto con il nome di Pippo. Mentre l’XI Zona era operativa nei territori circostanti Borgo a Mozzano, lo scenario apuano nel quale si inserisce la vicenda storica e umana di mamma Viola, ovvero il territorio compreso tra Vergemoli, Gallicano e Molazzana, era interessato proprio dall’attività del Gruppo Valanga, il cui nucleo era attestato nella frazione di Trescala, dove viveva Violante con la sua famiglia. Img2 I settanta partigiani che erano confluiti in zona erano convinti di poter difendere quel territorio dal nemico grazie alla propria determinazione, ma erano altresì consapevoli del fatto che da soli non ce l’avrebbero mai fatta. Fu così che Violante, con l’appoggio del marito Francesco, sempre più consapevole di ciò che stava accadendo attorno a lei, decise che la sua casa, con il fienile e le stalle, sarebbe stata per quei ragazzi salvezza e riparo. Nel mese di luglio del 1944 il Gruppo Valanga subì diversi attacchi che culminarono in quella che è considerata una battaglia-simbolo della Resistenza in Garfagnana: la battaglia sul Monte Rovaio, che ebbe luogo dal 27 al 29 agosto di quell’anno. Nella notte del 27, lungo il sentiero che conduce da Col di Favilla all’Alpe di Sant’Antonio, un ufficiale tedesco venne ucciso da Gualtiero Montanari, uomo del Gruppo Valanga conosciuto con il soprannome di Tarzan: i partigiani sapevano di essere controllati dai nemici, ma nonostante ciò, dopo l’attacco, decisero di rimanere appostati sul Monte Rovaio. Img2 Mario De Maria motivò questa scelta usando parole cariche di riconoscenza, come riferisce il giornalista Liborio Guccione (1): “Bisognava impedire che la popolazione che ci aveva accolti e sostenuti fraternamente subisse rappresaglie, bisognava difenderla con le armi. E decidemmo di restare lì ad attendere il nemico, disponendoci in modo che egli pagasse cara la sua scellerata impresa”. Furono però travolti dall’azione repressiva tedesca che uccise ben diciannove partigiani, tutti facenti parte del gruppo di giovani accolti da Mamma Viola: fu l’olocausto del Gruppo Valanga, così definito da Liborio Guccione. Durante la battaglia il giovane comandante Puccetti fu ferito gravemente e incontrò la morte in soli pochi giorni nell’ospedale di Castelnuovo, il 3 settembre. Img2 Il comando del gruppo passò allora a Mario de Maria, che riunì a Vergemoli i partigiani sopravvissuti con i quali continuò ad operare sul territorio. Fortunatamente i civili scamparono alla morte, pur avendo perso case, stalle e animali. Anche Violante subì danni materiali: la sua abitazione fu incendiata e fatta saltare con la dinamite, solamente la piccola casetta del formaggio, come lei la chiamava, rimase in piedi. L’intera famiglia trovò rifugio in alcune grotte vicine, dove passarono la notte successiva all’attacco. Il carattere forte che la contraddistingueva le permise di affrontare le conseguenze di quell’attacco con grande coraggio. Ricorda Pietro Petrocchi, membro anche lui del Gruppo Valanga: “Quante sofferenze, quanti disagi materiali e soprattutto morali! Ma mai ho sentito dalle labbra di Viola una parola di recriminazione, di rimprovero: l’unico suo grande dolore fu la morte di tanti giovani patrioti, che accomunava nel ricordo e nel rimpianto ai suoi figli Luigi e Alfredo: per questo Viola divenne più che mai, per i superstiti del Gruppo Valanga la Mamma dell’Alpe” (2) . A smuovere la coscienza di mamma Viola e a farle maturare la decisione di contribuire alla lotta di Resistenza fu infatti la partenza del figlio Luigi per la guerra in Russia e l’ingresso dell’altro figlio maschio, Alfredo, nelle fila delle brigate partigiane. Quest’ultimo trovò la morte sul Monte Forato nel dicembre del ’44 a causa di una mina inesplosa, mentre il primo morì nel 1945 in Germania. I partigiani erano come figli suoi: aveva dato loro una casa, un riparo, nutrimento, aveva diviso le provviste della propria famiglia con loro senza pensare che andava incontro a gravi e grandi problemi ospitandoli e curandoli. Petrocchi la descrive come una donna schietta, di “rude franchezza montanara” (3): dietro il suo dolce aspetto si nascondeva infatti una persona “granitica”, che non si faceva scalfire dalle dure prove della vita. L’esempio di Violante incoraggiò molte famiglie a schierarsi dalla parte dei partigiani che combattevano per liberare il territorio. La guerra veniva percepita come fratricida, generata da odio, prepotenza e desiderio di supremazia di un popolo su un altro. (...) La Mamma dell’Alpe, dopo la sanguinosa battaglia del 29 agosto 1944, non fece altro che riprodurre nella sua piccola realtà di montagna quello che il popolo italiano stava facendo a livello nazionale finita la guerra, ovvero ricostruire l’Italia, e questo lo sa bene chi ha avuto la grande fortuna di conoscerla durante le lotte per la liberazione. Sono state proprio le sue azioni protettrici e la grande umanità dimostrata nei confronti di quei giovani, sprovvisti del necessario per affrontare lunghi periodi in combattimento, che hanno spinto lo Stato ad assegnarle la Medaglia d’Oro al Valor Civile. In realtà Mamma Viola respinse questa onorificenza, motivando il suo rifiuto con l’assenza irrimediabile dei figli: avrebbe infatti preferito che Luigi e Alfredo fossero ancora in vita e vicino a lei, piuttosto che ricevere quel tributo. Nel 1969 Mamma Viola, in seguito ad una malattia, si spegne nel paese di Cardoso, nel comune di Stazzema, dove si era trasferita con la famiglia nel 1961. Nonostante il rifiuto iniziale, fu l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, con l’appoggio di Maria Eletta Martini, a quel tempo vice presidente della Camera dei Deputati, che decise di assegnare ai figli il premio al valore di Violante. La senatrice Martini aveva conosciuto Mamma Viola durante la commemorazione dei caduti della Resistenza, prima che quest’ultima morisse. La cerimonia per l’assegnazione della medaglia avvenne il 30 agosto del 1981 e fu organizzata dal comune di nascita di Mamma Viola, Molazzana, nella zona di Piglionico, cioè proprio nei luoghi in cui il 29 agosto del 1944 si scatenò la terribile battaglia. La Medaglia d’Oro fu consegnata alla figlia più grande, Maria Domenica Mori Poli, alla presenza anche delle altre figlie. In quell’occasione è stata ricordata attraverso le parole con cui De Maria l’aveva descritta: “donna decisa ed estremamente saggia” (4), che era stata capace come pochi di comprendere i reali obiettivi per cui valeva la pena combattere. Dopo la messa celebrata all’Alpe di Sant’Antonio, l’allora sindaco di Molazzana Selso Savoli motivò il riconoscimento rivolgendo a Violante Bertoni parole cariche di profonda stima, riportate anche dal quotidiano La Nazione: “Umile donna di fragile aspetto ma dal carattere forte e deciso, con grave rischio della vita ed esponendosi alle feroci rappresaglie delle truppe nazi-fasciste, non esitava, dal momento in cui la lotta clandestina aveva assunto caratteri di estrema durezza, ad accogliere nella sua casa un’intera formazione partigiana offrendo cure e assistenza premurosa. Con le perdite di tutti i suoi beni, in un cruento combattimento in cui perivano molti dei giovani da lei assistiti, offriva magnifico esempio di non comune coraggio e di incancellabile fede nei più alti ideali di libertà.” (5)

Img2 (…) La domenica successiva al 29 agosto di ogni anno la località di Trescala è teatro di una cerimonia commemorativa che, però, rischia di rimanere circoscritta ad un ambito ristrettissimo, costituito dai familiari e dai superstiti.

Img2 Nell’occasione dell’ultima commemorazione è stata dedicata alla Mamma dell’Alpe la piazza davanti alla cappellina a Piglionico, alla cerimonia hanno partecipato i parenti della donna, che entusiasti del riconoscimento, hanno mostrato con orgoglio lo stendardo che raffigura il suo volto. (…)





           




1 L. Guccione, Il Gruppo Valanga e la Resistenza in Garfagnana, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 1978, p. 130.
2 Cit. ivi, p. 141.
3 Cit. ivi, p.140
4 La Nazione, 1 settembre 1981, p. 10.
5 Cit. ibidem.





Anche a Cardoso di Stazzema è stata dedicata a Mamma Viola la piazzetta in cima al paese





Le foto della cerimonia



           
           
           
           
       






Alcuni componenti del Nucleo Valanga



           

           

           

       

       

       




















   







P.S.: Custodisco ancora gelosamente il libro che mamma Viola mi donò una cinquantina di anni fa al ritorno dall'Alpe di S.Antonio, dove ci eravamo recati per la commemorazione dei Caduti del "Gruppo Valanga" e da dove ho tratto alcuni spunti per la realizazione di questa pagina oltre al materiale fornitomi dal Comune di Molazzana che ringrazio per la collaborazione. Un ringraziamento particolare va a Carla Guidi - classe 5B - del Liceo Scientifico "Michelangelo" di Forte dei Marmi (LU)