La miniera di Buca della Vena


La miniera si trova sul versante settentrionale del monte di Stazzema. E' raggiungibile percorrendo la strada che da Ponte Stazzemese prosegue per Cardoso, dopo circa 1 km si trova un sentiero che porta all'ingresso della galleria.
La miniera è conosciuta fin dall'antichità e già in epoca romana era oggetto di scavi superficiali lungo gli affioramenti del minerale ferroso. In seguito, fino al X secolo se, ne ignora la storia. Si hanno notizie di intense lavorazioni sotto il dominio dei conti della Versilia (X-XIII secolo). Dopo un ulteriore lungo intervallo di inattività, la miniera di Buca della Vena fu riattivata intorno al 1690 dalla Compagnia di Padre Bonaventura Paci, che fece riattivare le miniere di ferro dell'alta Versilia. Il ferro, estratto dalla Buca della Vena, veniva lavorato in una ferriera di Valinventre, nella valle di Cardoso; poiché il prodotto ottenuto risultava migliore di quello elbano, gli amministratori della Regia Magona chiesero ed ottennero che il Granduca proibisse alla Compagnia di Padre Bonaventura Paci di continuare la coltivazione. (Targioni Tozzetti 1773) Nel 1868 la Società Anonima delle Miniere di ferro di Stazzema coltivò i vari depositi della zona, ma in particolare Buca della Vena; tuttavia, come afferma D'Achiardi (1872/1873), si lavorava con molta lentezza e poco profitto. Soltanto a partire dal periodo 1938-1942 la Società Anonima Catenificio Ing. Carlo Bassoli, poi confluita nella Società Pignone, cominciò seri lavori di scavo, tracciando il livello principale Bassoli (quota 364m). Questa galleria è in comunicazione, tramite discenderie, con i livelli 362-358 e 347 m l.m.m. I tre sopralivelli di quota 385 (livello S.Bernardo), 397 e 402 (livello S.Francesco) sono raggiungibili sia mediante rimonte interne, sia da gallerie direttamente unite all'esterno. A quote superiori sono presenti altri modesti affioramenti ferriferi. A quota 410 furono svolti anticamente vari saggi sui quali si lavorò anche negli anni 1938- 1942. Infine a quota 414, in località Casa Pensieri, fu tracciata una galleria lunga 80 m. nota come livello Pensieri. Nel 1948,dopo la sospensione legata all'attività bellica, la concessione passò alla società E.D.E.M..
Negli anni successivi l'attività fu condotta dalla società Kalie Chemie AG di Hannover, appartenente al gruppo Solvay; infine nel 1968 la miniera di Buca della Vena passò nuovamente ad una società del gruppo E.D.E.M.(S.I.M.A.) che coltivò il deposito fino al 1988. I lavori minerari coltivavano un corpo stratoide con direzione NNE-SSW, immergente a SE con una inclinazione di 15-30 gradi. L'estensione nella direzione è di circa 290m. Lo sfruttamento della barite risale a Buca della Vena, agli anni '50 e '60 del Novecento ed era indirizzato alla produzione di sali di bario. Durante gli ultimi anni di coltivazione il prodotto era un misto di ossidi di ferro e barite usato per la preparazione di calcestruzzo pesante, con il quale furono rivestiti i reattori delle centrali nucleari italiane.
Fino alla metà degli anni '70 del Novecento la miniera di Buca della Vena non suscitava particolare interesse in ambito mineralogico.
Nel 1976 un laureando in geologia presso l'università di Pisa, F.Checchi, portò a far analizzare al prof. Paolo Orlandi alcuni campioni da lui raccolti nella discarica della miniera, a quell'epoca attiva. Fu così che il mondo scientifico entrò per la prima volta a contatto con i minerali di Buca della Vena; tre anni più tardi,nel 1979 (Mellini et al.,1979) venivano caratterizzati due ossidi, contenenti zolfo, finora esclusivi di questo giacimento: l'apuanite e la versiliaite. A partire da quel momento i campionamenti e le ricerche svolte da molti appassionati collezionisti hanno consentito di scoprire specie rarissime (derbylite e stibivanite) o addirittura uniche al mondo. Oggi la miniera di Buca della Vena è la località tipo di 9 specie mineralogiche differenti, andando ad occupare un posto di rilievo nell'ambito delle località mineralogiche italiane se non addirittura mondiali. Seguendo Orlandi e Dini (2004) è possibile distinguere quattro differenti giaciture per i minerali di questa miniera:
- vene di calcite e/o barite con potenza variabile da 0,5 fino a 30 cm incassate nei marmi dolomitici (tipo V-1);
- vene di barite e quarzo,potenti fino a 2 cm nella massa di ossidi di ferro (tipo V-2);
- vene di quarzo incassate nelle roccie scistose, il loro spessore raggiunge i 20 cm (tipo V-3);
- fratture all'interno dei marmi dolomitici, con le pareti coperte da calcite, barite ed albite (tipo F-1).
Ognuna di queste differenti giaciture presenta una mineralogia differente: ad esempio i solfosali tipici di Buca della Vena provengono dalla giacitura di tipo F-1 mentre le vene di tipo V-3, sviluppate nella parte meridionale della miniera, sono sede di ritrovamento tipico dei biossidi di titanio (anatasio e rutilo), della monazite-(Ce) e di una fase del gruppo della crichtonite.

Estratto dalla Rivista Mineralogica Italiana, N°2 del 1986.


Al momento la miniera è chiusa.......aprile 2015